Gp Cottini

Questo sito intende presentare la personalità e le opere del filosofo Giampaolo Cottini, a partire da una selezione ragionata di articoli curati per il quotidiano “La Prealpina“.

Tragedie familiari

Fuori del Coro | n. 40-2002

Il continuo accadere di terribili tragedie della follia in ambito familiare sembra indicare che persino l’ultimo luogo che pensavamo al riparo dalla violenza soffre in realtà di un male oscuro. La famiglia è malata: i frequenti fallimenti coniugali, le frustrazioni affettive, gli squilibri nei rapporti educativi, sempre più spesso conducono ad episodi di sangue che nella loro follia manifestano un malessere profondo, da cui forse la famiglia non è in grado da sola di liberarsi e neppure di proteggersi. La violenza domestica non è fatto nuovo, ma mai come oggi padri uccidono i figli, mariti seviziano ed eliminano le mogli in risposta a storie di disperazione e di tensioni scaturite nelle relazioni familiari. Perché? Difficile spiegare come dagli affetti più profondi nasca tanta efferatezza, ma qualche considerazione merita di essere fatta.

Colpisce anzitutto un certo rituale che si ripropone: la preparazione meticolosa dell’omicidio visto come lucida vendetta verso la persona amata da cui ci si sente traditi, la crudeltà dell’esecuzione del delitto, il suicidio come disperata conclusione della tragedia, e, recentemente, anche la perfida ripresa delle scene del delitto, quasi a voler lasciare una prova dal vivo di quella che sembrerebbe una fiction se non fosse invece una crudelissima realtà. E qui sta un primo rilievo: la violenza da possibilità diventa realtà perché manca il senso delle conseguenze reali delle proprie azioni, e poiché l’io non viene educato alla temperanza e all’autocontrollo, ma si lascia travolgere da un’istintività animalesca come è presentato in certi film.

Ma come è possibile che l’amore si trasformi in tanto odio? Certamente perché non si ha abbastanza cura delle relazioni familiari: i ritmi di vita si sono accelerati e il più sacrificato è proprio lo spazio di un dialogo pacato e sereno tra marito e moglie, tra genitori e figli; così i conflitti non vengono affrontati e stemperati con il tempo e con la calma necessari, e la conseguenza è che piccole incomprensioni diventano inizio di fratture insanabili e di rancori covati sino ad esplodere nella tragedia. Sono sempre più rare le occasioni per la famiglia di ritrovarsi unita intorno alla mensa, o di sperimentare il clima festoso di un tempo familiare in cui ognuno possa raccontarsi; perciò alla lunga i rapporti perdono la freschezza della reciprocità e si logorano sino all’odio o all’indifferenza. D’altra parte nessun nucleo familiare può pretendere di essere totalmente autoreferenziale, cioè capace di affrontare e risolvere le sue tensioni al proprio interno, perché la famiglia vive e respira solo dentro i rapporti sociali più ampi di un tessuto di appartenenza di popolo, che oggi pare però scomparso anche negli abitati più piccoli in cui i rapporti dovrebbero essere meno anonimi.

Ma, alla radice, la questione è che nella mentalità dominante sembra non esserci spazio per riconoscere la famiglia come luogo genetico dell’umano e spazio di cui curarsi. Dopo aver messo alla prova la famiglia nella sua natura di patto indissolubile tra i coniugi e di dimora generatrice dei figli, diventa sempre più difficile evitare che al suo interno si riproducano conflittualità e violenza; scardinate le elementari certezze sul nascere, sul morire, sull’amare, la famiglia è lasciata nella solitudine e diventa incapace di far crescere personalità mature, anzi diventa matrice della debolezza dei legami affettivi.

Ciò, naturalmente, non toglie il peso di responsabilità individuali, ma dice quanto sia importante fare ogni sforzo perché ogni famiglia sia aiutata a riprendere coscienza delle proprie inesauribili risorse, ed insieme della presenza di inevitabili tensioni che, se vissute senza riferimenti adeguati, possono finire in tragedia.