Primo giorno di scuola
Fuori del Coro | n. 32-2008
Riaprono i battenti delle scuole ed inizia un nuovo anno che ripropone gli stessi problemi di sempre e l’attesa per le novità annunciate, ma non smette di imporsi su tutto il fascino e l’emozione del primo giorno di scuola, ricco di trepidazione e di attese per gli scolari, gli insegnanti, le famiglie.
L’inizio contiene in sé l’imprevedibile seme di una promessa, che non si può tradire perché mette in luce le domande fondamentali sul significato stesso di quell’andare a scuola che occuperà le giornate dei prossimi nove mesi, riproponendo la questione che non può rimanere scontata e che si esprime nel dubbio: ma è realmente utile la scuola oppure è un costo ed un’impresa che non vale la pena sostenere? Ed è proprio il suono della prima campanella a dover fugare tali incertezze.
Se ci mettiamo dalla parte degli scolari, essi chiedono che la scuola offra in primo luogo l’incontro con degli adulti che si occupino di loro con una presenza esperta della vita e capace di lasciare un “segno educativo” (è il compito degli insegnanti lasciare una traccia della loro umanità), in modo che avvenga un reale momento di crescita. Ma ciò accade solo per l’autorevolezza con cui il docente passa, dentro una relazione umana vera, dei contenuti di conoscenza che non sono solo i programmi delle singole materie, ma si presentano come gli elementi di una “sapienza” che la Tradizione culturale consegna. Si chiede, dunque, alla scuola di essere luogo in cui l’apprendere sia un avvenimento di vita e non solo un immagazzinare dati e nozioni, perché solo così la ragione si allarga abbracciando la realtà, favorendo lo sviluppo di tutte le capacità personali e delle attitudini di ognuno. Ciò rende l’anno scolastico non una lunga area di parcheggio o un’insensata perdita di tempo che spegne l’entusiasmo dei discenti, ma una vera occasione di crescita della persona.
Non dimentichiamo, però, che i grandi e stabili protagonisti della scuola sono gli insegnanti che chiedono di rimettere a tema la nobiltà della professione docente intesa come “arte educativa” e non solo come insieme di tecnologie pedagogico/didattiche: ciò chiede di vivere l’imprevedibile “rischio educativo” del quotidiano rapporto con i ragazzi, senza aver paura di coinvolgersi con la loro libertà non per plagiarli o plasmarli a propria immagine, ma per diventare una proposta vivente nella loro esperienza. Perciò l’attesa del primo giorno è per i docenti non solo la speranza di aumenti salariali (sacrosanti se si vuole che la professione ritrovi anche un’adeguata considerazione sociale), ma soprattutto il superamento di quel modello impiegatizio cui si vorrebbe assimilare la figura dell’insegnante in una chiave aziendalistica, mentre la qualità della scuola dipende totalmente dalla convinzione con cui gli insegnanti ritrovano motivazioni al loro lavoro che, come ha ricordato il Ministro Gelmini, non è per tutti ma solo per chi ne ha la vocazione.
Ma l’inizio della scuola è importante anche per le famiglie che rimettono in moto la loro organizzazione quotidiana sperando che si consolidi la promessa di un grande “patto educativo” con la scuola, senza deleghe in bianco ma con un’attiva collaborazione nella giusta distinzione dei ruoli e delle competenze. Occorre perciò ritrovare il gusto di una partecipazione delle famiglie non solo formale (come accade negli ormai desueti organi collegiali), ma reale e coinvolgente nella prospettiva di quella che un tempo era definita una “comunità educante” in grado di indicare percorsi percorribili per le giovani generazioni, perché il progresso di un popolo si misura dall’attenzione alla comunicazione educativa verso chi sta crescendo.
Con queste attese non è fuori luogo augurare un buon inizio d’anno a tutti!