Predizioni e propositi
Fuori del Coro | n. 01-2006
All’inizio di un anno tutti si affannano a mettere insieme buoni propositi e a cercare di sapere come andrà (magari chiedendo “lumi” all’oroscopo e cercando di fare predizioni e premonizioni più o meno fondate). Ma nessuno possiede il futuro e nessuno, per quanto aumentino gli strumenti previsionali in tutti campi, sarà in grado di prevedere se i nostri sogni ed aspettative si avvereranno. Perciò, paradossalmente, l’unica cosa da fare nei primi giorni dell’anno nuovo è fare l’inventario delle questioni da affrontare cercando di identificare gli strumenti adeguati per risolverle. Proviamo ad elencare quali risposte ci potremmo attendere dal 2006.
Il primo proposito non scontato è quello della pace, non come generico pacifismo che invoca un’improbabile cessazione dei conflitti del mondo, ma come impegno ad essere costruttori di pace nel senso di mettere in atto relazioni costruttive e solidali dentro le situazioni quotidiane in cui siamo. E la pace non è banale sopportazione dell’altro o tolleranza del diverso, ma accoglienza dell’uomo perché portatore di un destino buono: in questa prospettiva il primo proposito è di abbassare i livelli di rissosità che segnano la vita quotidiana, ma le previsioni non sono rosee soprattutto in un anno di importanti appuntamenti elettorali.
Il secondo proposito è di favorire un vero benessere per tutti, ma l’economia non lancia buone predizioni: sarà un anno difficile in cui dovremo fare sacrifici e in cui il livello di consumi del superfluo dovrà abbassarsi necessariamente. Allora bisognerà curare il benessere della persona soprattutto ritrovando il senso della vita e ridimensionando le pretese, valorizzando anche qui i rapporti e la capacità di aiuto reciproco. Infatti, il vero benessere esiste solo se si vive secondo quel Bene che nessuna contingenza economica né può dare né può togliere: il bene della Verità come certezza del perché si è al mondo.
Il terzo proposito è di cambiare quello che si può cambiare e non disperarsi per ciò che accade inevitabilmente: soprattutto è importante ritrovare la fonte delle energie personali e sociali per affrontare insieme le difficoltà e il primo luogo in cui aver cura di questo è la famiglia. La famiglia è la radice dell’uomo ed è la risorsa con cui guardare tutto. Soprattutto è il luogo dell’educazione che è la grande opportunità su cui gli adulti possono cambiare nel rapporto con i figli, accettando la sfida della loro crescita.
Il quarto proposito è di smetterla di lamentarsi e di guardare con creatività il futuro, cercando di non lasciarsi spaventare dall’ignoto, anche se gli scenari non sembrano essere dei più rosei ed incoraggianti: ma il gioco al massacro non paga mai in nessun campo, e vale invece la pena di cercare sempre ragioni della speranza per non diventare scioccamente fatalisti.
Ultimo proposito è di ritrovare un sano realismo, cioè di guardare quel che c’è avendo il coraggio di traguardare anche oltre senza fughe nell’utopia o nel sogno, ma con lo sguardo aperto all’ideale che per definizione è sempre più grande del reale, anche se ne vuole essere l’inveramento. Fare questo significa non censurare il desiderio grande di felicità che portiamo dentro e al tempo stesso non nascondere le difficoltà ma cercare di trovare sempre nuovi modi per affrontare tutto.
Sono formule banali per esorcizzare la paura dell’ignoto? Non mi pare. Anzi sono un modo per riprendere la propria responsabilità specifica senza delegarla ad impossibili previsioni da indovino, facendo (come si diceva una volta) dei “buoni propositi” da non lasciare invecchiare, per non trovarsi ancora più tristi e delusi allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre 2006. Ed è un modo per augurare ai lettori che sia un anno veramente buono