Gp Cottini

Questo sito intende presentare la personalità e le opere del filosofo Giampaolo Cottini, a partire da una selezione ragionata di articoli curati per il quotidiano “La Prealpina“.

Patria senza padri

Fuori del Coro | n. 36-1996

Riaprono le scuole e, puntualmente come tutti gli anni, arriva il messaggio del Capo dello Stato a studenti, insegnanti e famiglie. Quest’anno però il contenuto del discorso di inizio cade in un momento difficile di dibattito sull’unità nazionale, per cui molti commentatori hanno letto il richiamo allo studio della storia e all’unità della patria come un attacco alle tesi secessioniste di Bossi. Senza voler fare dietrologie, bisogna convenire che il tema della patria è oggi ineludibile tanto più in un tempo in cui questa parola sembra svuotata dei suoi elementari riferimenti storici, culturali ed esistenziali.

Fino a pochi anni fa il solo pronunciare la parola patria richiamava una retorica che si voleva legata ad un preciso periodo storico connotato da una cultura “di destra”, in contrasto con la ricerca di emancipazione dal passato delle giovani generazioni sessantottine. Oggi è il Presidente della Repubblica a chiamare l’Italia non “questo Paese” (come dicono i politici e i sindacalisti), bensì patria, ricordando che per essa molti italiani hanno sacrificato persino la vita, e non certo in nome di interessi particolaristici.

Ma che cosa è la patria? Sicuramente non solo un territorio o una forma di ordinamento giuridico dello Stato. Patria indica innanzitutto una storia, delle tradizioni, una lingua, dei valori comuni, la capacità di un popolo di riconoscere un comune destino storico da perseguire nella pace, nella giustizia e nella concordia, superando le legittime differenze di interessi. Il concetto è quindi legato ad una forte coscienza storica e alla memoria viva di un’appartenenza, per cui non ha torto Scalfaro quando dice che lo studio onesto della storia, quasi da “rivivere”, è lo strumento principe per ricostruire l’immagine della patria come antidoto alle divisioni e agli egoismi. Ma, mi consenta il Presidente, non basta la semplice conoscenza degli eroi che hanno sacrificato la vita per l’unità dell’Italia per far rinascere l’amor patrio!

Quello che oggi manca è la coscienza stessa di appartenere ad una patria, perché è debole la consapevolezza di partecipare ad una vera paternità, ossia alla storia dei nostri padri che vollero un’unica terra per vivere concordemente l’avventura del loro essere un popolo. Ha senso, infatti, parlare di patria solo quando si ha stima dei padri, ossia delle persone che non solo ci hanno generato fisicamente, ma che sono diventate nella memoria collettiva autentici “padri della patria”. Ma ci possono essere dei veri padri se si fa di tutto per cancellare persino l’idea di paternità?

Pensiamo alla recente proposta di legge sul doppio cognome che prevede, in caso di discordia tra i coniugi, l’obbligo di dare il cognome della madre; oppure al dibattito sulla tutela dell’infanzia, in cui sembra quasi che i padri non esistano! Si cerca di far scomparire il valore della figura paterna, così importante per la creazione della storia familiare e del popolo, sia dalla pedagogia che dall’immaginario collettivo, con la conseguente perdita della memoria storica dell’appartenenza. Così diventa retorico sia discorrere dell’unità della patria che dei tentativi di frantumare quanto i nostri padri hanno cercato di costruire. Ma i padri non sono tanto o solo quelli di un enfatizzato Risorgimento: sono quegli uomini che hanno costruito una cultura, dando il senso di un orizzonte più ampio e profondo di quello disegnato dagli interessi particolaristici; uomini che con la loro vita hanno testimoniato valori imperituri degni di diventare il collante della comunità civile. Perciò in questa Italia di eroi, di poeti, di santi e di navigatori, sarà meglio cercare i semi dell’unità nazionale soprattutto nei santi e nei poeti: sono i meno provinciali e i più aperti ad una vera umanità.

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