Gp Cottini

Questo sito intende presentare la personalità e le opere del filosofo Giampaolo Cottini, a partire da una selezione ragionata di articoli curati per il quotidiano “La Prealpina“.

Pasqua di speranza

Fuori del Coro | n. 15-2001

Un recente articolo di Alberoni ha messo a confronto l’ottimismo con la speranza: il primo si fonda sulla ragionevole certezza di ottenere un esito della propria azione, il secondo si radica in quella virtù teologale che fa riferimento alla certezza del senso complessivo della Storia. Oggi è difficile essere ottimisti dinanzi alla continua conflittualità in cui viviamo e al dilagare di elementi di crisi complessiva della civiltà, ma la speranza è altra cosa, visto che – come diceva Peguy – “bisogna davvero aver ricevuto un grande dono per poter sperare”. Già Albert Camus diceva che “Non è a forza di scrupoli che un uomo diventerà grande. La grandezza arriva, a Dio piacendo, come un bel giorno”, ad indicare che non sono gli sforzi titanici dell’umanità a dare certezza nel presente e speranza sul futuro, ma solo una grazia, un dono ricevuto, come la bellezza di una giornata di sole.

I cristiani sanno che questo bel giorno, il Dies Domini, è già giunto nella Pasqua di Resurrezione, in un giorno di cui si può gioire perché la misteriosa lotta tra la vita e la morte ha trovato il suo vincitore. Il Card. Martini, da grande biblista, ricorda che il termine Pasqua, oltre al significato che tutti conosciamo di passaggio, potrebbe contenere l’antica radice siriaca psch che significa essere contento e fare festa; a dire quanto la Pasqua cristiana non è più solo il memoriale dell’avvenimento della liberazione degli Ebrei dalla schiavitù d’Egitto (la Pasqua come passaggio, appunto), ma ha dentro tutta la ricchezza di quella luce che inonda la storia, perché il re della vita morendo regna vivo per sempre (come proclama solennemente la liturgia pasquale). Perciò la memoria della Resurrezione fonda l’importanza della domenica come giorno del riposo dal lavoro, del ringraziamento perché la vita non è abbandonata all’assurdo, della festa come gioia profonda e non solo come svago.

Quest’anno straordinariamente c’è coincidenza del giorno in cui Cattolici ed Ortodossi celebrano la Pasqua e questo sembra un buon auspicio all’inizio del terzo millennio, nonostante le gravi tensioni che impediscono di vivere con gioia la Resurrezione in quella Terra che ne fu il grembo geografico: l’evento del Risorto è evento unificante e dona speranza proprio perché introduce quel fattore indeducibile dalle capacità umane di cui parlava Peguy. Perciò è ancora più doloroso sapere che nei Luoghi Santi non si riesca a trovare pace e concordia. Ma anche questo è un segno della distanza tra la novità della vittoria di Cristo sulla morte e la libertà dell’uomo, ancora prigioniera della menzogna e della violenza.

Eppure da quel quel Giorno felice (come la Liturgia chiama la domenica di Pasqua) una luce nuova ha investito il mondo, un volto nuovo ha dato senso alla vita, regalando la speranza che l’uomo non è fatto solo per un’ipotetica immortalità dell’anima (come già dicevano Socrate e Platone), ma che è destinato a vivere per sempre con la sua identità anche corporea (è la certezza della Resurrezione della carne di cui parla la fede e il Credo).

Il volto di Cristo raggiante è ben diverso da quella caricatura computerizzata che i giornali ci hanno mostrato qualche settimana fa nell’elaborazione elettronica del cranio di un Giudeo del I secolo trovato a Gerusalemme. È il volto, trasfigurato nella Gloria, di cui l’arte ci ha dato una raffigurazione codificata, tra l’altro così simile al volto della Sindone. Un volto virile e dolcissimo che al fedele è dato immaginare, ma che gli Apostoli hanno visto realmente e da cui è scaturita l’avventura storica del Cristianesimo. Dal volto del Risorto, un volto umano e reale e non mitico come quello di Dioniso, è nata una storia in cui la speranza non è più solo un desiderio, ma una certezza.

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