Gp Cottini

Questo sito intende presentare la personalità e le opere del filosofo Giampaolo Cottini, a partire da una selezione ragionata di articoli curati per il quotidiano “La Prealpina“.

Nostalgia dei Santi

Fuori del Coro | n. 40-2007

Nonostante la secolarizzazione e la scristianizzazione della nostra società, quello di novembre rimane il “ponte dei santi e dei morti”. La concorrenza con la festa di Hallowen è forte, ma nel calendario mentale della gente il Primo novembre rimane la Festa di Ognissanti (come si diceva una volta) e il 2 rimane il giorno dedicato all’omaggio alle tombe dei propri cari. È strano, ma anche in un mondo che ha fatto della salute e dell’efficienza fisica uno dei propri miti fondanti, è impossibile cancellare la nostalgia di Eternità racchiusa nel mesto ricordo di chi non è più con noi, legando il culto dei morti alla certezza della Resurrezione, che per il credente trova proprio nel volto dei Santi l’immagine dell’umanità “riuscita”, cioè capace di vivere con un senso alto e positivo.

Ma è ancora attuale oggi la santità? Siamo disposti ad accettare la versione kantiana di una “santità laica” intesa come perfezione del rigore morale portata all’estremo di un’impossibile coerenza, o forse ci confortano gli esempi dei “santi sociali” che hanno speso la vita per servire i poveri e per “fare del bene” visibilmente. Ma i Santi della Chiesa che hanno salito gli altari solo per la loro fedeltà a Dio ci interessano ancora? Forse la festa dei Santi, proprio perché così vicina ed appoggiata a quella dei Morti, è un richiamo alla verità della vita nella sua interezza e desta l’attenzione di molti a cercare un modello di “riuscita” diverso da quello proposto dalla civiltà del benessere. Infatti, Santo non è colui che riesce a realizzare un’impossibile coerenza, né chi ha successo nelle sue imprese, neppure necessariamente colui che ha estasi mistiche o che non sbaglia mai: essere senza peccato è impossibile! il Santo è, invece, un uomo che prende tutto sul serio, sapendo che ogni frammento di realtà viene da Dio, per cui il significato di ogni cosa e di ogni gesto può stare solo nella restituzione a Lui di tutto. Così la santità si colloca nell’orizzonte dell’essere e non del successo o del possesso, tanto che essa diventa una finestra aperta oltre le apparenze, capace persino di guardare la morte potendola chiamare “sorella”, come fece S. Francesco in nome della sua fiducia assoluta in Dio. Per questo la santità è l’antidoto al nichilismo moderno e alla disperazione che ci assale quando pensiamo alla morte: solo il Santo, infatti, riesce a dire che la morte biologica non è la fine di tutto, perché la sua vita ho spezzato la frattura tra la carne e lo spirito, tra l’aldiqua e l’aldilà, tra il centuplo quaggiù e la vita eterna, tra la terra e il paradiso.

L’eroismo dei Santi non è dunque lo sforzo titanico per diventare assolutamente perfetti, ma è solo la consegna amorosa e fiduciosa di sé al Mistero di Dio, senza perdere nulla della propria fisionomia personale, ed è in questo senso alla portata di ognuno perché non richiede nient’altro che la semplicità del cuore e la verità dell’atteggiamento.

L’arroganza del potere, la presunzione dei sedicenti sapienti, la violenza dei prepotenti fanno nascere la nostalgia per un’umanità come quella dei Santi, risvegliano un desiderio di Eterno che cambi il grigiore dell’esistenza terrena e la riscatti. Tutto sarebbe davvero solo l’assurda “favola raccontata da un’idiota” se non ci fosse questa apertura all’Eterno di cui i santi sono testimoni. E la nostalgia di un’umanità più lieta, più semplice, meno pretenziosa, meno arrogante, ultimamente più buona e più vera, si identifica in fondo con la nostalgia di Dio. Di tutto si può fare a meno tranne che dell’Eternità. I Santi ci ricordano questa nostalgia, rendendo meno tenebrosa l’avventura della morte e sono proprio loro a rendere meno struggente il ricordo di chi ci ha lasciato.