Gp Cottini

Questo sito intende presentare la personalità e le opere del filosofo Giampaolo Cottini, a partire da una selezione ragionata di articoli curati per il quotidiano “La Prealpina“.

Memoria e riconciliazione

Fuori del Coro | n. 05-2003

In tempi attraversati dalla paura di una guerra imminente, risuona profetico l’atto di riconciliazione celebrato tra un superstite della strage di Porzus del 7 febbraio 1945 e il capo dei partigiani comunisti che uccisero gli italiani dello schieramento opposto. L’evento riveste un significato simbolico particolare, anzitutto perché restituisce alla memoria di tutti un episodio della Resistenza troppo a lungo censurato (i libri di storia quasi ignorano la tragedia delle foibe), ma poi perché quella stretta di mano (che ha siglato dopo quasi sessant’anni la riappacificazione tra italiani un tempo nemici) lascia una lezione importante: la memoria, se non viene mutilata dalla menzogna ideologica, può riportare alla reciproca comprensione e far riscoprire l’appartenenza ad una storia comune superando gli steccati politici di parte.

La memoria è essenziale per vivere, e a nessuno è lecito censurarla o falsificarla per gretti interessi faziosi: essa è, invece, l’origine del coraggio di riconoscere anche gli errori e le violenze, perché solo guardando con verità il passato per ciò che è stato si può sperare di costruire un futuro degno. A Porzus si sono scontrati interessi, passioni, ideali diversi e contrapposti, in un clima bellico arroventato ed avvelenato che impediva il riconoscimento di una comune appartenenza; ma oggi, scomparse le ideologie, è segno di onestà riconoscere i propri misfatti e chiederne perdono, ritrovando nella memoria la forza non della recriminazione ma della riconciliazione, la prospettiva della pace e non della perpetua vendetta. Così il vecchio cappellano dei partigiani bianchi ha abbracciato il capo dei partigiani rossi, testimoniando come per due uomini anziani, ormai alle soglie della morte, il senso dell’antica inimicizia si sciolga nel presente grazie ad una nuova lettura del passato. Infatti, questa riconciliazione assume il significato di una memoria metastorica, cioè di un ricordare il passato senza infingimenti, sapendolo rileggere con un giudizio libero da passioni contingenti e purificato dall’odio. Potersi perdonare significa perciò provare a guardare la storia già compiuta come se il suo vero senso si svelasse oggi, come se il tempo trascorso non conferisse la distanza dell’oblio ma la prospettiva della riconciliazione.

Solo così il rancore può lasciare spazio al perdono, la disperazione ad una speranza futura, la contrapposizione di colori ed ideologie ad un più pacato giudizio: oggi possiamo giudicare meglio verità e menzogne del passato ed imparare quanto la storia ha da insegnare. Per questo la memoria rivela un ruolo quasi catartico, di purificazione delle coscienze, abbattendo l’infingardaggine dei silenzi interessati, delle giustificazioni di parte, delle posizioni che demonizzano l’avversario, spingendosi ben oltre la logica di “giornate della memoria” confezionate in modo politically correct, ma che spesso finiscono solo a tranquillizzare le coscienze distanziandole dagli eventi.

Più che mai oggi c’è bisogno di una memoria viva, della capacità di guardare lontano per attingere ad un perdono metastorico, altrimenti si rischia di morire nelle angustie di un presente troppo appiattito; ed anche tanti giudizi sulla guerra risentono troppo di calcoli economici, politici, diplomatici che non sanno “guardare in alto”, e che per questo non sanno trovare vere ragioni per la pace.

Com’è, invece, più pacificante imparare la saggezza di quei due vecchi partigiani che, alla fine della vita, rileggono il loro passato con gli occhi già sbilanciati verso l’Eterno! La riconciliazione non passa attraverso la banalità dell’odio quotidiano, né può venire dallo sguardo troppo corto di un presente senza radici: viene solo da una speranza radicata in Altro.