Gp Cottini

Questo sito intende presentare la personalità e le opere del filosofo Giampaolo Cottini, a partire da una selezione ragionata di articoli curati per il quotidiano “La Prealpina“.

La purificazione della memoria

Fuori del Coro | n. 05-2001

La celebrazione della Giornata della Memoria della Shoah è un’occasione preziosa per risvegliare, soprattutto nei giovani, la consapevolezza dell’abisso di male scatenato dal Nazismo contro gli Ebrei; un’occasione non solo per mostrare (con filmati, documentazioni e magari con visite ai campi di sterminio) l’efferatezza del male compiuto, ma anche per cogliere le tante testimonianze di bene e di coraggio di quanti hanno rischiato e perduto la vita pur di salvare almeno qualche fratello ebreo.

La memoria è un dovere etico prima che storico, ma non ci si deve illudere che sia il puro esito di una reazione automatica della coscienza: non è un semplice ricordare, ma è l’assumere la responsabilità di giudicare il passato per evitare di ripeterne le atrocità, ben sapendo che, se il passato è passato, ogni presente è sempre ricco di possibilità sia di bene che di male. Perciò il risveglio della memoria non s’identifica solo con l’evocazione di sentimenti o emozioni, ma comporta la coscienza di un giudizio chiaro, tanto più quando il male è generato da una radicale aberrazione ideologica, come è accaduto nel ‘900 per il Nazismo e l’ideologia antisemita, o per il Comunismo e l’ideologia rivoluzionaria. Infatti, il rischio sempre ricorrente è di evocare la memoria in modo strumentale, pretendendo di soppesare il valore dei morti uccisi da un regime o dall’altro, senza andare alla radice della cultura che ha provocato tali orrori; dimenticando che, se il male è insito nella storia umana da Caino in poi, il XX secolo ha preteso di giustificarlo con quel perverso (e precedentemente inedito) meccanismo dell’ideologia, in base al quale prima si crea il nemico da distruggere e poi gli si costruisce intorno un castello di idee per legittimarne l’eliminazione (è il caso dell’antisemitismo addotto a difesa della purezza della razza ariana).

Perciò, dinanzi al sempre possibile rischio di rinascita dell’antisemitismo (e per analogia di altre forme di razzismo o discriminazione) è importante non solo evocare gli orrori del passato, ma educare anche ad un atteggiamento che non costruisca nemici ad ogni costo, ma che distingua bene la differenza dall’ostilità, il rispetto della diversità dall’azzeramento dell’altro, senza infingimenti e senza violenze motivate da presunte patenti di superiorità. Infatti, se certe aberrazioni appartengono (lo speriamo vivamente!) ad un passato concluso, non dimentichiamo (come recita una canzone dedicata proprio ad uno che “suonava il violino ad Auschwitz”) che “non è morto il male del mondo, e noi tutti lo possiamo fare”, e che tale male si manifesta non solo nei grandi genocidi, ma anche nel quotidiano attacco alla la dignità della persona o nella superficiale indifferenza con cui assistiamo alla morte di tanti uomini.

Il dovere della memoria diventa allora, anzitutto, la scelta di una purificazione dal male, anche se di questo non siamo sempre materialmente responsabili, accompagnata dal rifiuto di ogni atteggiamento che pretenda di estromettere l’altro, chiunque esso sia. Pedagogicamente, ciò chiede che non si usino più categorie ideologiche per condannare la violenza, ma che si riconosca quanto essa offenda l’uomo in quanto tale prima che nella sua appartenenza ad una razza o ad una religione: così, chi oltraggia un Ebreo è da condannare perché offende l’uomo, senza concedergli neppure per un briciolo lo spazio di evocare una parentela con l’antisemitismo, perché ciò sottilmente gli consentirebbe un’orrenda legittimazione ideologica che (grazie a Dio) la Storia ha già condannato.

All’inizio del nuovo millennio siamo dunque chiamati a riconoscere il male in quanto tale, non permettendo alle ricorrenti infamie del presente di potersi assimilare ai mostri del passato.

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