Gp Cottini

Questo sito intende presentare la personalità e le opere del filosofo Giampaolo Cottini, a partire da una selezione ragionata di articoli curati per il quotidiano “La Prealpina“.

Il tempo della memoria

Fuori del Coro | n. 03-1994

Si chiude un altro anno ed è tempo di bilanci. Il 1994 sarà ricordato come l’anno della crisi di governo natalizia, della conflittualità tra governo e magistratura, della tremenda alluvione in Piemonte, della guerra nei Balcani e degli scontri alla periferia del mondo sviluppato, delle incertezze sui mercati finanziari, della progressiva sfiducia della gente nella possibilità di poter veramente migliorare la propria qualità della vita. Globalmente un anno da dimenticare, dunque! Sarà forse questo lo slogan che verrà dettato dalle agenzie di stampa nell’attesa della fatidica mezzanotte del 31 dicembre! La preponderanza di elementi negativi in questo bilancio del tempo fa desiderare la dimenticanza, l’archiviazione di un anno di cui si è colto solo il saldo passivo. Eppure, al di là del fatto che non è facile fare bilanci del tempo a noi troppo vicino, e che forse è preferibile lasciare ai famosi posteri “l’ardua sentenza” di un giudizio più definitivo, mi pare che ci sia un fondamentale errore in questo voler dimenticare velocemente la storia appena passata. La nostra epoca invita spesso a dimenticare e questo tradisce una posizione umana fondamentalmente negativa, una percezione del tempo che rende inutile quello che accade: anche il linguaggio comune assume la frase “ammazzare il tempo”, per indicare che ci sono momenti che non valgono nulla, momenti di cui non occorre avere memoria. Ma se consideriamo il tempo come semplice sequenza di eventi che passano senza lasciare segno nell’esistenza, finiamo a perdere anche il senso di noi stessi; perdiamo la memoria di noi stessi e la vita diventa senza storia.

L’occasione della fine dell’anno è un utile esercizio per verificare la nostra capacità di memoria, perché ci fa misurare l’accaduto in rapporto a come ciascuno di noi l’ha vissuto, ponendo ancora una volta la domanda sul proprio destino. Come sarebbe terribile se ogni istante fosse solo un frammento privo di senso rispetto alla storia dell’io! La vita si ridurrebbe ad una “stupida storia detta da un idiota”, come diceva Shakespeare. Nessuno può accettare la frammentazione, la confusione degli istanti; altrimenti perde la memoria di sé.

La vita comincia a diventare una storia, e non solo una avventura scombinata, quando è viva la presenza della memoria, che non è il puro ricordare il passato, magari per evitare gli errori che altri hanno fatto. La memoria è la certezza che esiste nella vita un punto di consistenza su cui si può costruire. Perciò essa si radica nella promessa di una positività che, intuita almeno una volta come il fine dell’esistenza, fa sperare che questo fine possa realizzarsi. La memoria della promessa è ciò che muove il bambino ad obbedire quando gli si promette un premio in cambio; essa agisce come fiducia che se un senso, cioè una direzione positiva, è stato sperimentato come vero, questo senso potrà realizzarsi senza deludere, pur nel mutare degli eventi e delle situazioni. La memoria è la certezza che se la vita ha vissuto un forte momento di significativa realizzazione, questa possa durare nel tempo: esattamente come in un grande amore, quando gli amanti ricordano il senso di eternità presente nel loro amarsi per fare fronte alle difficoltà che sembrano spezzare tutto; o come nella storia di un popolo, che ritrova nella memoria della propria tradizione i motivi per non spaccarsi nei mille rivoli delle individualità e degli interessi contrapposti.

Voglio perciò augurare a tutti che la fine di questo anno difficile ci porti a recuperare il senso della memoria di un punto di consistenza e di unità su cui costruire insieme una direzione di cammino. Ma questo punto di consistenza, questa promessa di positività e di verità, questa certezza che il tempo può essere favorevole e creativo di un ordine, non nasce dallo sforzo del singolo o dall’imposizione di un proprio punto di vista: la certezza della bontà del tempo può nascere solo da un’esperienza già vissuta, cioè dal recupero di un bene già sperimentato. Occorre allora cercare nella memoria le tracce di questo positivo e lasciare che esso ritorni attuale per l’oggi: ciò vale per la vita dei popoli, ma soprattutto per l’esperienza di ognuno.