Gp Cottini

Questo sito intende presentare la personalità e le opere del filosofo Giampaolo Cottini, a partire da una selezione ragionata di articoli curati per il quotidiano “La Prealpina“.

Europa alla prova

Fuori del Coro | n. 19-2004

L’enfasi con cui si è parlato dell’allargamento dell’Europa a dieci nuovi Paesi ha buone ragioni, anche se l’evento ha molteplici facce: alla comprensibile soddisfazione per il progressivo realizzarsi del sogno europeista si accompagnano infatti perplessità e paure sui costi che tale ampliamento comporterà e sulle conseguenze concrete che produrrà nella vita quotidiana dei cittadini europei. Ciò rende ancora più attuale il dibattito sulle radici culturali dell’Europa, poiché diventa sempre più chiaro che la sola prospettiva economica è insufficiente a giustificare gli inevitabili sacrifici che i nuovo confini dall’Atlantico al Baltico chiederanno, come pure è evidente che non basta la retorica dell’unità per vincere la paura che il processo in corso finisca ad espropriare i singoli paesi della loro identità nazionale. D’altra parte negli ultimi anni l’Europa sembra avere coltivato la paura del futuro ed una demoralizzazione legata alla perdita dei suoi peculiari valori morali e religiosi, dentro una secolarizzazione che rasenta ormai il nichilismo allo stato puro; nel senso che, invece di riconoscere un destino comune radicato in certezze condivise, l’Europa ha sviluppato un grande senso di smarrimento e di vuoto, una stanchezza metafisica che prelude alla disperazione di chi sembra non aver più una missione da compiere, una perdita del gusto di vivere che rende difficile riconoscere un orizzonte capace di trasmettere al mondo dei valori universali.

Passata l’epoca delle ideologie totalizzanti che pretendevano racchiudere la realtà in schemi rigidi, oggi prevale il vuoto dell’indifferenza, cioè la sostanziale convinzione che non ci sia nulla di assoluto e che tutto sia ultimamente negoziabile o trattabile, compresa la verità dell’uomo. Ciò porta inevitabilmente all’affermarsi della prepotenza del più forte o del più ricco, facendo dimenticare che la cultura europea nasce invece dall’esaltazione della persona e della sua libertà come radici della convivenza tra i diversi. Storicamente non c’è dubbio che sia stata soprattutto l’esperienza cristiana a porre la dignità dell’io al centro della cultura europea e che proprio per questo l’Europa sia stata la culla del primato della libertà su ogni altra istanza; per cui non si capisce la reticenza a voler riconoscere le matrici cristiane come fondamento di quella Costituzione comune che dovrebbe cementare un organismo complesso e variegato come l’Europa dei venticinque. Senza una radice comune è, infatti, impensabile che Paesi tanto diversi abbiano ragioni adeguate per rinunciare alle proprie frontiere conquistate lungo la Storia anche a prezzi altissimi di sangue.

Perciò l’Unione si trova oggi dinanzi alla prova più difficile: superare la tentazione di un’unità radicata sul nulla o sul relativismo dei valori, mascherato magari con il pluralismo delle culture. Sarebbe terribile infatti costruire su un vuoto di identità che genera solo anomia e conflittualità; d’altra parte se tutto diventa negoziabile e nulla merita di essere difeso come rispondente al vero destino universale della persona, la convivenza diventa fonte di sospetti e paure.

Lo ha ricordato con forza anche il Card. Nicora nella sua omelia per la festa di S. Vittore: non tutto può essere negoziato nell’esistenza, perché la Verità è il “caso serio” della vita degli uomini e dei popoli e senza di essa c’è spazio solo per la violenza e la recriminazione. Perciò la prova del fuoco che l’Europa deve superare non è di tipo istituzionale, ma culturale, perché riguarda la via per attingere di nuovo nella Verità la sorgente del proprio ethos e della propria civiltà.

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