Gp Cottini

Questo sito intende presentare la personalità e le opere del filosofo Giampaolo Cottini, a partire da una selezione ragionata di articoli curati per il quotidiano “La Prealpina“.

Elogio dell’ozio

Fuori del Coro | n. 31-2001

Recentemente è uscito un libro di Armando Torno dal titolo un po’ curioso, Le virtù dell’ozio. Verrebbe da pensare ad un errore, visto che l’ozio è da sempre considerato il padre dei vizi: come può, infatti, l’ozio trasformarsi in atteggiamento virtuoso?

Significativamente una frase di commento al saggio ci dà la risposta: “L’ozio è parte della nostra libertà, e chiunque ce lo tolga ci priva anche di essa”, nel senso che l’ozio nasce da una decisione del soggetto quando sceglie di abbandonare le sue normali incombenze (legate al lavoro o alle varie attività sociali) per dedicarsi a se stesso in maniera esclusiva. L’otium, come dicevano i Latini è, infatti, il contrario del negotium, ossia della negoziazione di oggetti o servizi in vista di un guadagno, e si colloca come tempo speso senza un immediato tornaconto, per essere tempo dedicato solo all’io. Ciò dice che ozio non significa affatto assenza di attività, ma semmai rinuncia all’attività remunerata, alle abitudini quotidiane, alle occupazioni routinarie e stressanti che normalmente occupano le nostre giornate, al fine di godere di un’altra dimensione, quella della gratuità. Per prima cosa l’ozio è, infatti, un gesto gratuito, perché configura la scelta di stare con se stessi e di dedicarsi al nostro desiderio più originario.

Perciò l’ozio è una virtù (naturalmente se concepito come momento di costruzione della propria personalità) che può essere esercitata soprattutto in estate, per sfuggire alla tentazione di essere “forzati delle vacanze”. Oziare significa distendersi in una dimensione temporale diversa da quella dei ritmi lavorativi (necessariamente legati alla ricerca del risultato produttivo): è il ritmo dell’anima, che ha bisogno di spazi cronologici distesi e tranquilli per gustare i suoi stessi respiri. L’ozio si lega preferibilmente al silenzio e alla quiete; richiede l’assenza di calcolo, la libertà dagli esiti, la contemplazione della realtà in se stessa e non per quello che può procurare di benessere esteriore o di risultato economico. Per questo è difficile oziare anche se si è in vacanza, perché l’ossessione di riposarsi ad ogni costo, di correre dietro al divertimento alla moda, di essere al passo con le vacanze, di superare l’altro nella competizione ludica, fanno sì che anche la vacanza finisca a ricalcare gli stessi ritmi del tempo feriale.

L’ozio è, invece, fatto di distacco dalle normali occupazioni, di libertà dalle preoccupazioni inevitabilmente ad esse collegate: perciò disegna un’altra prospettiva dell’esistenza, perché ci collega a quella dimensione di eternità che abita nel profondo dell’animo di ciascuno. Infatti, l’Eterno è assenza di temporalità, è puro gusto dell’essere in quanto esiste, è valorizzazione del Tutto nel frammento; cosa di cui facciamo pallida esperienza quando ci distacchiamo dai ritmi lavorativi e ci immergiamo nella quiete del tempo ozioso. Il paradosso è proprio che quando “stacchiamo” ci avviciniamo al Mistero di chi “lavora più di tutti”, ossia al Mistero di quel Dio che crea e che svolge il lavoro più impegnativo che ci possa essere.

Per queste ragioni l’ozio è una virtù che ci avvicina alla verità ultima di noi e delle cose, mostrandoci la dimensione più autentica per cui siamo fatti. Allora niente paura se ci scopriamo a “perdere” tempo, a guardare con occhio più tranquillo e lieto quello che normalmente guardiamo con apprensione e preoccupazione: è bello guardare persone e cose senza preoccuparci di valutare tutto. Ozio è dunque dimensione di libertà, perciò non vergogniamoci se alla fine delle vacanze, invece di rispondere che non abbiamo fatto nulla di particolare, potremo dire con sincerità che abbiamo oziato. Sarà stata un’esperienza che forse ci avrà reso più virtuosi.

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