Gp Cottini

Questo sito intende presentare la personalità e le opere del filosofo Giampaolo Cottini, a partire da una selezione ragionata di articoli curati per il quotidiano “La Prealpina“.

Diritti umani

Fuori del Coro | n. 48-1998

Il 10 dicembre 1948 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite promulgava solennemente la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: alla fine di un conflitto sanguinoso e tremendo che aveva visto contrapporsi non solo delle potenze militari ma anche ideologie e concezioni di vita contrastanti, l’O.N.U. sentiva il bisogno di proclamare in maniera universale il valore dell’uomo, e lo faceva con un documento di alto profilo etico volto a vincolare tutti gli Stati al rispetto dei diritti della persona onde evitare il ripetersi di tragedie già sperimentate.

La celebrazione di questo anniversario rileva però tristemente il permanere di situazioni in cui tali diritti sono ancora oggi conculcati in molte parti della terra, e induce a riflettere sulla capacità storica di tutelare realmente i diritti umani: la persistenza della pena di morte, la mancanza di rispetto della vita allo stato nascente, il disprezzo della morte, la mancanza di effettive libertà in molti stati, la disoccupazione, l’assenza di una reale sicurezza sociale, le discriminazioni culturali sociali e religiose, sono sintomi di un degrado che non riesce ad essere arginato da semplici proclamazioni teoriche.

Ciò che manca è forse la reale consapevolezza del significato e delle implicazioni della parola diritto dell’uomo, che rimanda ad una considerazione della persona nella sua assoluta irripetibilità e nella sua specificità di essere intelligente e libero. L’uomo è qualcosa di assolutamente unico, grande e degno di considerazione per il solo fatto di esistere con un’identità che lo rende superiore a qualunque istanza (pur legittima) di ogni altra istituzione. La persona è una realtà sacra ed inviolabile, soggetto libero del proprio destino e delle proprie scelte, essere dotato di una coscienza in cui nessuno può penetrare, “io” in rapporto con sé stesso alla ricerca della felicità e della propria autorealizazione. Perciò la libertà di pensiero e di coscienza, la libertà di prendere posizione di fronte al senso dell’esistenza, deve essere sempre difesa contro ogni invadenza di qualsiasi forma di potere. Intendiamoci, la Dichiarazione non è l’elogio dell’individualismo, anzi proclama i diritti della persona proprio in quanto inserita in una comunità di appartenenza, ma ciò non toglie che l’uomo singolo ha diritto ad essere rispettato come istanza suprema perché è rapporto strutturale con l’insondabile profondità del mistero della sua vita, desiderio assoluto di infinito, creatività irripetibile che affonda le radici in qualcosa che nessuno può dall’esterno limitare o manipolare. Così appare chiaro che la parola diritto umano indica non qualcosa di convenzionalmente riconosciuto dal diritto internazionale, ma, più alla radice, ciò che appartiene all’uomo in quanto uomo, in modo del tutto universale.

Perciò, in nome di tale universalità fondata sulle evidenze della ragione, la Dichiarazione proclama il diritto della persona e della famiglia a porre liberamente le proprie scelte (tra le quali, ad esempio, la libertà di istruzione, come recita l’art.28, smentendo tanti elementi ideologici presenti nell’attuale dibattito sulla parità scolastica), identificando un’immagine di uomo che tutti i popoli sono chiamati a riconoscere. Ciò obbliga la legislazione dei singoli Paesi a verificare quanto lo specifico dettato delle norme rispetti la persona secondo una nozione di diritto non convenzionale o consuetudinario, ma radicato in quella natura umana che permane identica sotto ogni latitudine e in ogni contesto storico.

Riconoscere e valorizzare tutte le esigenze di tale natura è il compito culturale e politico del prossimo millennio: la posta in gioco per l’umanità è la permanenza della civiltà oltre il declino incombente.