Gp Cottini

Questo sito intende presentare la personalità e le opere del filosofo Giampaolo Cottini, a partire da una selezione ragionata di articoli curati per il quotidiano “La Prealpina“.

Una firma per l’Europa

Fuori del Coro | n. 39-2004

La firma a Roma del Trattato costituzionale europeo è sicuramente un evento storico che, al di là di evidenti limiti e forse anche di equivoci culturali, costituisce un punto di non ritorno: l’Europa, che lo si voglia o no, c’è!

Certamente è un patto internazionale sui generis che non risponde totalmente all’idea di Costituzione in cui siano contenuti i principi ispiratori della convivenza (si pensi al generico richiamo ad universali valori umani e religiosi tacendo delle indiscutibili matrici cristiane dell’uomo europeo), tuttavia esso segna la fine dell’ottocentesca nozione dei confini tra gli stati intesi come limite invalicabile della giurisdizione e come distintivo delle differenti identità nazionali, ponendosi come superamento della conflittualità che nel XX secolo ha originato la “guerra civile europea” (come Nolte ha definito il periodo dal 1914 al 1945).

Non bisogna però essere ingenui: l’allargamento dell’Unione europea non potrà rendere immuni da conflittualità tra gli antichi stati, se non ci si accorgerà che tale unità nasce non solo da interessi economici ma dalla comune coscienza di una “missione storica” che nasce da una precisa identità culturale, condivisa oltre ai differenti approcci politici.

I sondaggi dicono che l’interesse per l’Europa è basso, anche se soprattutto i giovani percepiscono il vantaggio di viaggiare senza dogane e con un’unica moneta; e tale disaffezione nasce dalla mancanza di consapevolezza della novità di questa creatura di cui si firma il nuovo atto costitutivo: 25 paesi con storie e lingue diverse, con interessi economici variegati e a volte contrastanti, scelgono una forma di governo comune senza tradire l’originalità della propria tradizione ed appartenenza, e senza volersi annullare in una generica globalizzazione istituzionale. Ma perché?

Riemerge qui la questione delle radici dell’Europa che si devono ritrovare nella grande sintesi tra l’umanesimo latino del diritto, il senso del mistero della tradizione ebraica, l’uso del logos della filosofia greca come ragione in ricerca del senso, la sacralità della persona ad immagine di Dio e redenta da Cristo da cui la cultura cristiana ha tratto la certezza del nesso persona-comunità che mette in comunione i diversi nella certezza di un comune destino buono di salvezza. Questa sintesi ha creato la civiltà medievale con il suo universalismo, in cui un potere diffuso e policentrico governava popoli differenti entro una stessa visione del mondo rispettosa di legittimi interessi contrastanti, ma sempre in un rispetto dell’uomo come singolo dotato di razionalità, portatore di una dignità assoluta e di diritti inestirpabili dalla nascita e sino alla morte, un uomo che vive alla ricerca della struttura naturale del suo essere e che diventa capace di fedeltà ai legami nel riconoscimento dei diritti e della libertà di tutti. Successivamente l’Illuminismo ha progressivamente laicizzato le matrici cristiane dell’ethos europeo riducendolo al tema di diritti naturali possibili anche “se Dio non ci fosse”, perdendo in parte quell’apertura alla trascendenza che sola può ridimensionare l’arroganza del potere e della tecnica, e con ciò inizia il nichilismo odierno. Tuttavia l’Europa c’è e le sue radici non possono essere estirpate.

Perciò la sfida contenuta nella firma della Costituzione europea è appassionante perché non è solo questione diplomatica o politica, ma evento di sostanza, in quanto esprime (almeno in nuce e soprattutto per le giovani generazioni) una rinnovata coscienza di appartenenza all’orizzonte originale del tipo umano europeo, che rimane un “unicum” nella storia delle varie civiltà.

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